248 6 febbraio 2015 IBL Focus Un FOIA per l’Italia Di Giacomo Lev Mannheimer Introduzione Il Freedom Of Information Act (FOIA) è uno degli strumenti più importanti di cui i cittadini di moltissimi Paesi del mondo dispongono per esigere trasparenza dal proprio governo, in quanto obbliga quest’ultimo a rendere pubblico, su richiesta anche non motivata, qualsiasi documento, atto e informazione a sua disposizione, salvo specifiche eccezioni, oltre a garantire il diritto di cronaca e la libertà di stampa dei giornalisti.1 Negli Stati Uniti, il FOIA fu emanato nel 1966, dopo che alcuni esponenti del Congresso – capeggiati da John Moss – intravidero nel principio della segretezza degli atti governativi un intollerabile squilibrio, contrario ai valori della democrazia. Inizialmente, la proposta di Moss incontrò un’ostinata resistenza bipartisan, ma la pressione dell’opinione pubblica finì per convincere il Presidente Lyndon B. Johnson, che, il 4 luglio, sottoscrisse il FOIA. Il FOIA statunitense, in ogni caso, non è, come accennato, né il primo né l’unico. Già nel 1766 Anders Chydenius, sacerdote, politico e pioniere del liberalismo scandinavo, fece approvare in Svezia un atto di legge del tutto simile al FOIA e che, pertanto, costituì il primo vero documento legislativo di questo genere. Da allora, oltre cento Paesi nel mondo hanno adottato normative che dispongono la libertà d’informazione e di accesso agli atti del Governo, basate sul presupposto che l’onere di provare che un’informazione debba restare segreta gravi sugli enti pubblici. Tra questi, tuttavia, non figura l’Italia, dove, come vedremo, per avere accesso ad atti di organismi governativi è necessario dimostrare di avere un interesse concreto, attuale e preminente rispetto a quello alla riservatezza, di cui dispongono gli enti pubblici. Una limitazione, quest’ultima, che nei Paesi democratici costituisce un’eccezione e che dovrebbe essere rimossa al più presto. 1 Come sostiene il sito web di FOIA4Italy, di cui si tratterà più avanti, “con il FOIA puoi sapere a che punto sono i piani per gli asili nido del tuo comune, ma anche dove sono gli investimenti promessi per contrastare la violenza domestica e avere dati certi sulla situazione sanitaria nella tua zona. Puoi sapere quanti sono davvero gli esodati; conoscere finanziamenti, incarichi e conflitti di interessi di eletti e dirigenti pubblici. Con il FOIA potresti scoprire la corruzione che si cela dietro a un appalto prima che sia troppo tardi, per evitare gli enormi sprechi e ritardi che abbiamo visto negli ultimi anni. Ma più semplicemente, il FOIA ti serve quando vuoi sapere a che punto è la tua richiesta di visita specialistica all’ospedale o quando non sai perché il tuo permesso di soggiorno tarda a essere rinnovato. Il diritto di accesso è fondamentale per tutelare i tuoi diritti nei confronti della pubblica amministrazione, conoscerne l’operato, pensare migliori politiche pubbliche, analizzare problemi sociali ed economici, contrastare corruzione e criminalità organizzata”. Giacomo Lev Mannheimer è Fellow dell’Isituto Bruno Leoni IBL Focus 248 6 febbraio 2015 Giacomo Lev Mannheimer Il presente Focus, pertanto, si propone di analizzare la legislazione italiana in materia di accesso agli atti amministrativi, mettendo in risalto le notevoli differenze che intercorrono con la legislazione straniera che garantisce l’accesso alle informazioni detenute dalla pubblica amministrazione, a partire dal FOIA vigente negli Stati Uniti. Nel prosieguo, si esamineranno le caratteristiche che un FOIA dovrebbe necessariamente presentare per garantire un corretto bilanciamento tra l’interesse dello Stato alla riservatezza e il diritto dei cittadini a conoscere l’operato dei propri rappresentanti pubblici, anche in relazione alle proposte esistenti di adozione di un FOIA italiano. La legislazione italiana in materia di trasparenza degli enti pubblici In Italia, l’accesso ai documenti amministrativi è stato introdotto per la prima volta dalla Legge 7 agosto 1990, n. 241 (Legge sul procedimento amministrativo), e in particolare dal suo Capo V. Il diritto di accesso, in particolare, ha ad oggetto ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale” (art. 22, comma 1, lettera d). In generale, l’accessibilità degli atti dovrebbe costituire la norma. Secondo il comma 3 del medesimo articolo, infatti, “tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6”. Ma le leggi sono pur sempre opera di persone, e sovente ne riflettono vizi e lati oscuri. In questo caso le eccezioni, pur se compattate in quelle poche e apparentemente innocenti cifre, sono decisamente ampie (e anche un po’ vaghe). Ex art. 24, il diritto di accesso è infatti escluso: 2 • Per i documenti coperti da segreto di Stato; • Nei procedimenti tributari; • Nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione; • Nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi; • Quando è preordinato ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni; • Quando dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione; • Quando l’accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria; • Quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini; • Quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all’amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono; 248 6 febbraio 2015 Un FOIA per l’Italia. La democrazia è (anche) questione di trasparenza IBL Focus • Quando i documenti riguardino l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato. La giurisprudenza, nel corso degli anni, ha inoltre apposto ulteriori limiti e restrizioni al diritto di accesso. Quest’ultimo, pertanto: • Deve riguardare atti specifici, essendo inammissibile la domanda di accesso che presupponga un’attività di elaborazione dati da parte dell’Amministrazione (Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2006, n. 555); • Deve avere un oggetto determinato o determinabile e non può concretizzarsi in una domanda generica (Tar Lazio, Roma, sez. III-ter, 22 dicembre 2006, n. 15538). L’elemento caratteristico della legislazione vigente, diametralmente opposto al principio cardine di un vero FOIA, è che il diritto all’ostensione degli atti amministrativi è riservato a “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”. Negli Stati Uniti, e in tutti gli altri paesi in cui sia presente un documento legislativo equiparabile al FOIA, chiunque può richiedere di visionare ed estrarre copia di qualsiasi atto pubblico senza dover fornire alcuna spiegazione. Se l’amministrazione ritiene di dover negare l’accesso, è quest’ultima a doverne motivare il rigetto. L’onere di provare l’impossibilità di dare seguito alla richiesta di accesso, pertanto, spetta all’ente pubblico. In Italia, al contrario, l’accesso agli atti può essere richiesto, come detto, solo in presenza di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Ma non solo: tale interesse deve essere provato previamente; infatti, secondo l’art. 25 comma 2, “la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata”. L’onere di provare l’esistenza dell’interesse, cioè, grava sul cittadino non solo se richiesta da parte dell’ente pubblico, ma in qualunque caso. In conclusione, l’ostensibilità degli atti amministrativi è posta, sostanzialmente, in capo alla discrezionalità delle amministrazioni stesse. I numerosi e rilevanti ostacoli all’accesso, di fatto, rendono agevole trovare un qualche appiglio per negarlo. A questo deve aggiungersi la generalità di alcune limitazioni: sostenere che il richiedente non abbia un interesse “diretto, concreto e attuale”, che la richiesta sia preordinata ad un controllo generalizzato dell’attività amministrativa, che i documenti riguardino la vita privata delle persone o che la loro ostensione provochi nocumento alla sicurezza o all’ordine pubblico, a ben vedere, non è opera complessa, laddove l’onere di provare che non è così ricada pur sempre sul richiedente medesimo. Nella prassi, infatti, sulla stragrande maggioranza delle richieste di accesso sono i tribunali amministrativi a deliberare, con conseguente aumento di tempo sprecato e denaro speso, senza considerare l’inutile aggravio della mole di lavoro della magistratura e gli effetti economici (pur se nascosti) che una simile burocratizzazione del rapporto tra Stato e cittadini comporta.2 Per quanto riguarda l’altro lato di tale rapporto, cioè la “disclosure volontaria” della pubblica amministrazione, negli ultimi anni alcune novità sono giunte dalla legge 190/2012 (nota come “legge anti-corruzione”) e dal d.lgs. 33/2013. A ben vedere, tuttavia, si tratta di misure solo moderatamente incisive (soprattutto in confronto alla propaganda di cui sono state 2 Peraltro, nell’ipotesi in cui un cittadino riuscisse a farsi riconoscere da un tribunale amministrativo il proprio diritto all’accesso, l’amministrazione – pur se condannata al rilascio dei documenti – potrebbe non dare seguito alla sentenza. Il cittadino, di conseguenza, dovrebbe dare inizio a un secondo procedimento giurisdizionale (il giudizio di ottemperanza), obbligandolo, quindi, a una costosa e inutile duplicazione processuale. 3 IBL Focus 248 6 febbraio 2015 Giacomo Lev Mannheimer oggetto) e che, dal punto di vista che interessa il presente paper, non sovvertono lo squilibrio oggi esistente tra diritto di accesso dei cittadini e discrezionalità dei poteri pubblici. I provvedimenti citati, di fatto, hanno riordinato le norme esistenti in materia, definendo un principio generale di trasparenza della PA e “costringendo” tutte le amministrazioni a pubblicare dati e informazioni relativi a curricula, stipendi, bandi e numerosi altri ambiti della propria attività sui relativi siti istituzionali. Intenzioni certamente sacrosante, ma che sono vanificate da due limiti fondamentali: in primo luogo, tali misure rispecchiano la stessa logica per cui la trasparenza è una concessione della PA e non un diritto del cittadino, al quale, infatti, non è accordato alcunché in più rispetto a quanto previsto dalla L. 241/1990. Inoltre, la mancata previsione di adeguate sanzioni per chi non rispetti il principio di cosiddetta “accessibilità totale” ha ingenerato una prevedibile deresponsabilizzazione degli enti interessati, i quali si sono limitati, in molti casi, a operazioni di facciata, più che a stravolgimenti strutturali e radicali del proprio modo di rapportarsi con i cittadini. Le caratteristiche del FOIA statunitense Dal paragrafo precedente emerge l’opportunità di sostituire la disciplina oggi vigente in materia di trasparenza della PA con un vero e proprio atto legislativo basato sui principi del FOIA statunitense. Ma quali sono i caratteri distintivi di quest’ultimo? Quali le eccezioni al diritto di accesso? In primo luogo, è fondamentale rilevare che il FOIA statunitense si applica esclusivamente al ramo esecutivo degli enti pubblici (cioè, negli USA, principalmente alle agenzie governative). Tali enti, pertanto, sono tenute a garantire l’efficienza della propria procedura burocratica interna di disclosure degli atti e dei documenti richiesti da parte dei cittadini, essendo soggette, in caso contrario, a procedimenti sanzionatori da parte dei tribunali federali. Tuttavia, anche negli Stati Uniti esistono delle eccezioni al diritto d’accesso. Le informazioni che possono costituire casi di deroga alla disciplina del FOIA sono quelle: 4 • La cui segretezza è motivata da ragioni di difesa nazionale e/o di politica estera, specificamente autorizzate al segreto da un previo atto del governo in base a criteri predeterminati e correttamente classificate all’interno di tale atto; • Legate esclusivamente ai regolamenti interni del personale e/o dell’attività dell’ente; • Specificatamente esentate in virtù di una legge federale, nella misura in cui tale legge escluda ogni sorta di discrezionalità sulla materia da parte dell’ente interessato o quantomeno stabilisca criteri certi e predeterminati per il mantenimento del segreto; • Riguardanti segreti commerciali o informazioni di carattere finanziario ottenute in forma confidenziale; • Derivanti da atti e comunicazioni fra diversi enti o fra persone del medesimo ente, di cui la legge escluda la divulgazione al di fuori di controversie fra gli enti interessati; • Di carattere medico o personale, la cui divulgazione costituirebbe una violazione della privacy manifestamente ingiustificata; • Redatte ai fini dell’applicazione (anche coatta) della legge, ma solo nella misura in cui la loro divulgazione possa: (i) costituire ragionevolmente una probabile interferenza a procedimenti interni alle forze di polizia e/o giudiziari; (ii) privare una persona del suo diritto a un processo equo e imparziale; (iii) comportare ragionevolmente una probabile violazione ingiustificata della privacy; (iv) implicare ragionevolmente una fuga di notizie sull’identità di una fonte di informazioni confidenziali, sia essa uno Stato, un organismo straniero, un’autorità o una qualunque istituzione, anche privata, che ha rivelato informazioni in via riservata; (v) rivelare tecniche o procedure di indagine, o comunque linee guida sulle procedure utilizzate dalle forze dell’ordine o nell’ambito 248 6 febbraio 2015 Un FOIA per l’Italia. La democrazia è (anche) questione di trasparenza IBL Focus di indagini penali, qualora la divulgazione di tali informazioni possa ragionevolmente facilitare violazioni della legge; (vi) rischiare di mettere in pericolo la vita o l’integrità fisica di una persona. • Contenute in rapporti operativi redatti da un organismo responsabile della regolamentazione e vigilanza degli istituti finanziari, o comunque relative a tali rapporti; • Di carattere geologico o geofisico, mappe comprese, in materia di pozzi. Caso emblematico di operatività del FOIA statunitense è stata, ad esempio, la sentenza MFIA-NYT v. U.S. Treasury Department (2010). In quell’occasione il New York Times, assistito da un gruppo di ricercatori dello Yale Law School’s Media Freedom and Information Access Practicum, aveva richiesto al Tesoro degli USA di conoscere i nomi delle aziende e dei privati che avevano ottenuto da parte del Tesoro stesso una licenza per condurre affari in o con Paesi contro cui gli USA avevano adottato sanzioni, come Iran e Corea del Nord. Dopo che il New York Times si era rivolto al Tribunale distrettuale federale dello Stato di New York, il Tesoro aveva motivato il proprio rifiuto adducendo che la divulgazione di tali informazioni avrebbe costituito una violazione ingiustificata della privacy. Ciononostante, il 13 ottobre 2010 il giudice ha accolto l’istanza del New York Times, sostenendo che l’interesse alla privacy dei singoli interessati fosse sufficientemente controbilanciato dall’interesse pubblico alla divulgazione dei loro nomi. La differenza che sussiste tra l’impianto della Legge 241/90 e il FOIA è, a questo punto, di tutta evidenza: quest’ultimo, sostanzialmente, ribalta il meccanismo dell’accesso agli atti, in quanto non è più il cittadino a dover dimostrare il proprio interesse a conoscere un determinato dato o documento (“need to know”), ma è l’amministrazione – se intende negare l’accesso all’informazione – a dover provare l’esistenza di ragioni (previste per legge) che impediscano di soddisfare la richiesta del cittadino (“right to know”), secondo le eccezioni appena citate e quelle che, caso per caso, si formano per via giurisprudenziale. Il rovesciamento di prospettiva è stato reso cristallino, una volta per tutte, dalla sentenza Department of Justice v. Landano (1993), in cui la Corte di Giustizia Suprema degli Stati Uniti stabilì che il Governo non ha diritto di presumere che un’informazione sia riservata ai fini dell’accesso da parte dei cittadini per il solo fatto che la fonte di tale informazione è l’FBI e che tale informazione riguarda un indagine penale: perfino in questo caso, dunque, spetta al Governo dimostrare la sussistenza della necessità di mantenerne il riserbo. Come si è accennato, il ribaltamento dell’onere della prova in capo all’amministrazione consente, nei Paesi che adottano un FOIA, di aumentarne trasparenza e accountability, da cui consegue un potenziale miglioramento dei rapporti tra Stato e cittadino. Un FOIA per l’Italia Qualche mese fa, un nutrito gruppo di associazioni e organizzazioni attive nei campi dell’open government, dei diritti civili, della libertà d’informazione e della trasparenza pubblica ha dato vita a un progetto, denominato FOIA4Italy, con lo scopo di sensibilizzare il dibattito pubblico e la classe politica alla necessità di adottare al più presto un FOIA anche in Italia. Tale progetto è stato accompagnato da vari percorsi di approfondimento, eventi e iniziative, accompagnati da una vera e propria proposta di legge3, che abrogherebbe la disciplina sull’accesso agli atti amministrativi contenuta nella Legge 241/1990, operando quel ribaltamento dell’onere della prova che, come già detto, costituisce la differenza fondamentale tra la legislazione italiana e quella statunitense (e non solo) in materia. Secondo il progetto di FOIA4Italy, pertanto, chiunque potrebbe avere pieno diritto di ac3 Disponibile all’indirizzo web http://www.foia4italy.it/un-foia-per-litalia/. 5 IBL Focus 248 6 febbraio 2015 Giacomo Lev Mannheimer cesso alle informazioni formate, detenute o comunque in possesso delle amministrazioni, senza obbligo di motivazione, tranne che: • Per i documenti coperti da segreto di Stato; • Per dati riservati raccolti nell’ambito di rilevazioni statistiche; • Nei procedimenti tributari; • Per documenti contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi; • Per i dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale di terzi; • Quando dalla divulgazione dell’informazione può derivare una lesione, specifica e individuata, alla difesa e sovranità nazionale, alla correttezza delle relazioni internazionali, al processo di formazione della politica monetaria o di adozione di atti normativi, amministrativi generali ecc., o al proficuo svolgimento dell’attività amministrativa, a meno che la divulgazione non sia comunque idonea a soddisfare un interesse pubblico prevalente. I limiti individuati dalla proposta di legge all’ostensibilità degli atti, dunque, non si concretizzano in clausole generali, facilmente strumentalizzabili da parte della PA, bensì in casi maggiormente specifici e tassativi, conformi alle best practices delle legislazioni più evolute in materia di libertà di informazione. Ancor più determinante è il fatto che a dover motivare l’eventuale diniego all’accesso è sempre l’amministrazione. La bozza proposta da FOIA4Italy, in questo senso, costituirebbe certamente una rivoluzione copernicana. Tuttavia, la proposta prevede un obbligo di motivazione in capo alla PA in caso di rifiuto espresso, ma non dispone sanzione alcuna in caso di silenzio dell’amministrazione. A ciò bisognerebbe porre rimedio, in quanto si tratta del più classico degli escamotages per ritardare o comunque disincentivare l’assunzione di reali responsabilità all’interno degli enti interessati. A ben vedere, infatti, un protratto silenzio da parte dell’amministrazione potrebbe finire per imporre un nuovo rovesciamento dell’onere della prova in capo al cittadino: il che è proprio ciò che il FOIA si propone di superare. Il rimedio contenuto nell’articolo 5, comma 2, della bozza, cioè il ricorso all’Autorità Nazionale Anticorruzione, sanziona infatti il diniego, ma non il silenzio di per sé. Quest’ultimo, se carente di motivazione, dovrebbe al contrario costituire una violazione a se stante. Per altro verso, il FOIA proposto non abrogherebbe la disciplina prevista dal D.lgs. 33/2013 (che, come accennato, contiene specifici obblighi di trasparenza e pubblicazione di atti organizzativi, incarichi, bandi, bilanci, ecc. a carico delle amministrazioni). A ben vedere, infatti, i due sarebbero complementari: il FOIA riguarderebbe, cioè, soprattutto atti amministrativi particolari, laddove il D.lgs. 33/2013 risultasse inapplicabile o carente, intervenendo ex post, cioè su situazioni “patologiche” di mancata trasparenza amministrativa. 6 IBL Focus Chi Siamo L’Istituto Bruno Leoni (IBL), intitolato al grande giurista e filosofo torinese, nasce con l’ambizione di stimolare il dibattito pubblico, in Italia, promuovendo in modo puntuale e rigoroso un punto di vista autenticamente liberale. L’IBL intende studiare, promuovere e diffondere gli ideali del mercato, della proprietà privata, e della libertà di scambio. Attraverso la pubblicazione di libri (sia di taglio accademico, sia divulgativi), l’organizzazione di convegni, la diffusione di articoli sulla stampa nazionale e internazionale, l’elaborazione di brevi studi e briefing papers, l’IBL mira ad orientare il processo decisionale, ad informare al meglio la pubblica opinione, a crescere una nuova generazione di intellettuali e studiosi sensibili alle ragioni della libertà. Cosa Vogliamo La nostra filosofia è conosciuta sotto molte etichette: “liberale”, “liberista”, “individualista”, “libertaria”. I nomi non contano. Ciò che importa è che a orientare la nostra azione è la fedeltà a quello che Lord Acton ha definito “il fine politico supremo”: la libertà individuale. In un’epoca nella quale i nemici della libertà sembrano acquistare nuovo vigore, l’IBL vuole promuovere le ragioni della libertà attraverso studi e ricerche puntuali e rigorosi, ma al contempo scevri da ogni tecnicismo. Istituto Bruno Leoni – Piazza Cavour 3 - 10123 Torino – Italy T: +39 (011) 1978 1215 – F: +39 (011) 1978 1216 – www.brunoleoni.it – info@brunoleoni.it